1. Il quesito
Nella maggior parte dei conflitti, la fine delle ostilità avviene con una resa formale e una chiara cessazione del fuoco. Tuttavia, in Italia, dopo il 25 aprile 1945, non vi fu un atto ufficiale di resa della Repubblica Sociale Italiana, e quello delle truppe tedesche in Italia avvenne qualche giorno dopo. Come contestualizzare quindi gli episodi di violenza dei giorni successivi alla “Liberazione”? Esistono documenti o accordi ufficiali che sancirono la fine del conflitto interno tra partigiani e forze fasciste? Le tregue locali tra partigiani e tedeschi avevano una validità giuridica? E, nel caso specifico di un supposto omicidio perpetrato da Novelli nei confronti di Concari il 6 maggio 1945, si deve parlare di un eventuale crimine di guerra, di un reato “civile” o di un atto ancora legato al conflitto?
2. La cessazione delle ostilità nelle guerre regolari
In un conflitto convenzionale, la fine delle ostilità è sancita da atti ufficiali tra le parti belligeranti. La Prima e la Seconda Guerra Mondiale forniscono esempi chiari:
In questi casi, le ostilità cessano a una data e ora specifica, e qualsiasi azione militare successiva è considerata una violazione del diritto internazionale, oltre che di conseguenze di reazione immediata da parte di uno dei belligeranti, specie da parte del prevalente rispetto al soccombente.
3. Il caso italiano: tra guerra civile e assenza di una resa formale
L’Italia rappresenta un’anomalia rispetto ai modelli sopra citati. Dopo l’8 settembre 1943, il paese si trova diviso tra il Regno del Sud, alleato con gli Angloamericani, e la Repubblica Sociale Italiana (RSI), allestita e sostenuta dai tedeschi. Questo scenario impedisce una resa unitaria e chiara come avvenne per la Germania. Avvenne infatti che:
A differenza della Germania, dove la resa fu firmata dal governo militare residuo, in Italia i gerarchi fascisti si dispersero o furono catturati. La resa dei tedeschi fu un atto separato compiuto autonomamente e non coprì i reparti della RSI, molti dei quali continuarono a combattere o a fuggire.
L’assenza di un atto formale di resa della RSI lascia aperta la questione giuridica sulla fine delle ostilità, tenendo conto che:
L’elemento centrale della questione giuridica è: se un atto violento avvenuto dopo il 2 maggio 1945 debba essere considerato un crimine di guerra, un atto di giustizia sommaria, o una continuazione del conflitto civile.
5. Tregue, rese locali e permessi di allontanamento tra partigiani e tedeschi
Numerosi episodi documentano tregue o accordi locali tra reparti partigiani e truppe tedesche in ritirata. Alcuni esempi significativi sono:
Dal punto di vista giuridico-militare, tali rese locali non avevano un valore assoluto in termini di cessazione delle ostilità, ma fungevano da accordi tattici di capitolazione. Secondo il Diritto militare internazionale, una resa ufficiale prevede un atto firmato tra i comandanti delle forze belligeranti, ma le rese locali potevano essere riconosciute se vi erano rappresentanti con potere negoziale; mentre nel Diritto civile tali accordi non eliminavano la responsabilità individuale per crimini di guerra commessi precedentemente.
Molti comandi tedeschi agirono autonomamente, trattando con i partigiani locali, mentre in altri casi vi fu resistenza fino all’ultimo. Alcuni ufficiali della RSI cercarono di negoziare salvezza personale, ma la mancanza di un’autorità centrale riconosciuta rese il tutto frammentario.
6. Il caso di Milano
Per quanto riguarda Milano, a differenza di Torino e Genova, dove le autorità militari tedesche trattarono una resa ufficiale con i partigiani, a Milano la situazione fu più caotica e frammentata. Gli elementi chiave sono i seguenti:
In sostanza, a Milano, non ci fu quindi una resa organizzata delle truppe tedesche: la Wehrmacht si ritirò rapidamente grazie alle trattative già in corso con gli Alleati, mentre le forze della RSI rimasero in balia dell’insurrezione partigiana e della vendetta popolare. In sintesi:
6. La collocazione della supposta uccisione di Concari nell’ambito giuridico e storico descritto
Se Concari fu ucciso da Novelli il 6 maggio 1945, il contesto giuridico in cui collocare l’evento è complesso e privo di una definizione netta. Analizziamo i possibili scenari:
L’uccisione di Concari, quindi, si posiziona nel delicato confine tra guerra civile, vendetta politica e vuoto giuridico. Senza un riconoscimento ufficiale della cessazione delle ostilità da parte della RSI, ogni episodio successivo alla resa tedesca rimane giuridicamente ambiguo e politicamente interpretabile: come detto nel libro, nell’elenco dei caduti della RSI gestito da un’associazione alle cui gesta si ispira, Alceo Concari è contrassegnato come “assassinato” e non come “caduto”. Nessuno, dall’altra parte, lo indicò, del resto, come “giustiziato”, evidentemente per paura delle conseguenze che si annunciavano e che forse trovarono applicazione proprio a scapito di Renzo Novelli. Eppure, in quei giorni, Mussolini e molti gerarchi e personaggi compromessi, furono pubblicamente appellati come “giustiziati”. Forse la differenza sta nel tipo e nel grado delle violenze commesse, o nella notorietà dei personaggi e dei loro atti? Violenze, soprusi, uccisioni, spedizioni nei campi di sterminio non sono imputabili a personaggi non di primo piano? Naturalmente il discorso è qui di carattere generale e non applicabile nella fattispecie ad Alceo Concari, delle cui eventuali malefatte solo Novelli poteva essere a conoscenza: per questo caso, e per migliaia di altri, com’è noto, in quella fase di transizione non ci fu sufficiente giustizia formale a confortare le vittime delle violenze fasciste, lasciando così aperto lo spazio ad una giustizia, sommaria ma sostanziale, autogestita. Nemmeno Piazzale Loreto, con la sua macabra e simbolica rappresentazione, poté fermarla.